Come farsi massacrare sul web con una pubblicità? Ce lo insegna Dove, il brand di prodotti per l’igiene personale che in fatto di spot incriminati non è secondo a nessuno. L’accusa è la stessa che ha visto più volte il marchio oggetto di critiche da parte dei consumatori: razzismo. L’ultima campagna pubblicitaria del famoso sapone ha come protagoniste una serie di donne di svariate etnie, intente a togliersi una maglietta (dello stesso colore della propria pelle) e a “trasformarsi” in un’altra persona, ma a colpire l’attenzione dei media è soprattutto un passaggio del video, il momento in cui una ragazza nigeriana si sfila la t-shirt e diventa una ragazza bianca dai capelli rossi.
L’interpretazione della scena è apparsa subito univoca: Dove vuole dirci che il sapone funziona tanto bene da poter “sbiancare” la pelle nera”. Purtroppo non sono servite le scuse ufficiali, il ritiro dello spot e le spiegazioni, non sono bastate neanche le parole della protagonista, la modella nigeriana che ha assicurato la totale buona fede della campagna, affermando che se avesse intravisto un contenuto razzista nell’idea di Dove non avrebbe mai preso parte al video. La miccia era ormai innescata e i social network hanno fatto il resto, milioni di utenti all’attacco, memori di una precedente trovata di Dove, molto simile all’ultima: una fila di ragazze di diversi paesi e lo stesso messaggio ambiguo, la pelle scura può diventare bianca con il sapone Dove.
Al di là delle polemiche e pur volendo credere alla versione dei vertici dell’azienda, impegnati a rigettare ogni accusa di discriminazione, resta da capire come mai il brand non abbia imparato la lezione ricalcando la stessa tipologia di spot dall’evidente messaggio ambiguo e facilmente attaccabile soprattutto se pensiamo che nella storia della pubblicità il binomio sapone/pelle nera oltre che infelice è stato fortunatamente superato da un pezzo.