Oggi vi parliamo di Mike Campau e del suo mondo virtuale dove i principali social network si trasformano in insegne luminose, evidenziando una visione del tutto antisocial che separa categoricamente la vita reale da quella proposta in rete.
“Antisocial” infatti è il titolo prescelto dall’artista statunitense per identificare la sua raccolta, che racconta con colori eccentrici e frasi pungenti le cattive abitudini provocate dallo spasmodico utilizzo dei più famosi Social Network, quali Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin.
Come potete notare nella gallery qui sotto, Facebook si trasforma nel sacro luogo della finzione, dove ognuno cerca di simulare una vita perfetta, ma dove in realtà le mogli augurano buon compleanno agli stessi splendidi mariti da cui desiderano divorziare.
Instagram è il terreno più fertile per dare libero sfogo al proprio animo narcisista. La luminosissima insegna che lo rappresenta cita infatti ripetutamente “Look At Me, Look At Me, Look At Me”.
Si passa poi dalla superficialità di Twitter, il luogo alimentato da pensieri ritwittati e meme, per arrivare alle menzogne di LinkedIn, dove le persone che non conosci, confermano competenze che in realtà non hai mai avuto!
Un’interpretazione decisamente pessimista che mette in luce alcuni aspetti della realtà.
Tuttavia, considerare quest’ultima come assoluta verità potrebbe essere riduttivo.
I social network sono anche dei potenti mezzi di comunicazione che consentono di ritrovare vecchie amicizie, conservare ricordi, scoprire nuovi posti, scambiarsi informazioni, promuovere il proprio business o apprendere notizie interessanti.
Quanto ha senso demonizzare il mezzo se si dimentica che i social sono fatti di persone?
Esseri umani liberi di condividere o meno i momenti della propria esistenza, di esprimere oppure no la propria opinione.
È vero, l’avvento dei social ha influito sull’evoluzione della società, accendendo dei riflettori sulla vita privata di tutti noi; Non dimentichiamo però che siamo sempre liberi di accendere e spegnere questi riflettori quando lo riteniamo opportuno.
E a questo punto ci chiediamo: sono stati i social network a trasformarci in narcisi, bugiardi che vivono di falsi miti o in fondo lo siamo sempre stati, ma non avevamo i mezzi necessari per rendere tale realtà di dominio pubblico?
Sicuri che sia tutta colpa dei social network?