Ogni quattro anni fior di graphic designer e copy sono chiamati a dare forma e nome ai simboli, vere e proprie icone, degli appuntamenti sportivi più importanti al mondo, i Mondiali di calcio e le Olimpiadi; Meglio conosciuti come “mascotte”, nella maggior parte dei casi animali antropomorfi, questi personaggi diventano, insieme al logo, il veicolo principale per tutto il merchandise correlato agli eventi e necessitano uno studio approfondito che comprenda, oltre l’immagine, una moltitudine di significati espressi dal concept legato al paese ospite.
Sono le Olimpiadi invernali di Grenoble, 1968, a segnare l’entrata in scena della mascotte, in questo caso una figura stilizzata di sciatore con i colori francesi. La grafica di Shuss, questo il nome del bizzarro pupazzo, realizzata da Aline Lafargue, non fu certo un capolavoro di chiarezza e decifrabilità, ma l’iniziativa ebbe tanto successo che non fu più abbandonata. A creare logo e manifesto venne chiamato Roger Excoffon, disegnatore e grafico a cui si riconosce anche la paternità di font utilizzate ancora oggi come “Mistral” e “Antique Olive”.
Ma a dare i natali alla tradizione delle mascotte è World Cup Willie: siamo a Londra, è il 1966, e l’occasione è rappresenta dai Mondiali inglesi. Simbolo della Gran Bretagna, non poteva che essere un leone a vestire i colori del team di sua Maestà. Da allora si sono susseguite decine di mascotte accompagnate da relativi loghi, alcuni considerati veri e propri capolavori di graphic design, altri gettati nel dimenticatoio perché poco rappresentativi o semplicemente rifiutati dai gusti del pubblico.
Tra le menzioni d’onore c’è sicuramente il lavoro svolto per le Olimpiadi di Monaco del ’72, oscurate dai fatti di sangue che ne segnarono lo svolgimento.
Otto Aicher, designer tedesco già autore del simbolo della Lufthansa e della Bram, realizzò il logo, un sole a ghirlanda che allo stesso tempo rappresenta i cinque cerchi olimpici che si fondono in una spirale. La mascotte fu affidata a Elena Winschermann, graphic designer dello staff di Aicher, che per l’occasione creò Waldi, un bassotto composto dai colori dei famosi anelli. Tra le mascotte che si sono accomodate più facilmente nell’immaginario collettivo ci sono sicuramente Misha,
l’orsetto disegnato dall’illustratore Victor Chižikov per le Olimpiadi di Mosca 1980, Pique, il peperoncino baffuto e col sombrero di Mexico ’86, e Ciao, simbolo di Italia 90, accolto freddamente per quel design minimalista e poco espressivo, a differenza dei suoi compagni dai volti simpatici, ma entrato inspiegabilmente nel cuore di tutti, probabilmente trainato dalla passione con cui i tifosi seguirono quel mondiale che fece sognare tutto lo Stivale.